Storia e cultura

Le origini di Cetara risalgono all’Alto Medioevo. Nell’Evo Antico il territorio, quasi disabitato, apparteneva alla giurisdizione dell’etrusca Marcina, l’attuale Vietri sul Mare. L’insediamento marinaro si costituì nella seconda metà del IX secolo grazie a una colonia di Saraceni, cacciati verso la fine del secolo. Nel Medioevo la parte orientale apparteneva al principato longobardo di Salerno, quella occidentale era nel tenimento del ducato romanico-bizantino di Amalfi. Nel maggio del 1534 subì l’attacco dei turchi che catturarono trecento abitanti facendoli schiavi, altri furono uccisi e altri ancora ripararono a Napoli.

Alla nascita della Repubblica Partenopea nel 1799, fu protagonista con la sua flotta di una battaglia contro quella francese che appoggiava i giacobini napoletani. A novembre del 1833, dopo secoli di liti e contese, con regio decreto fu elevata a Comune con amministrazione indipendente da Vietri sul Mare: il decreto entrò in vigore dal 1° gennaio 1834.

La sentinella dell’identità cetarese è la Torre vicereale. È una struttura su sei livelli costituita dal complesso dell’originaria torre angioina (1300) dalla successiva torre vicereale (XVI secolo) e da una sopraelevazione frutto di rifacimenti ottocenteschi. Fu costruita nel XIV secolo al tempo degli Angioini per difendersi dalle incursioni corsare e in seguito allo scoppio della guerra del Vespro. Utilizzata anche come prigione da re Ferdinando I D’Aragona, la torre era dotata di tre cannoni di bronzo e di tre “petrieri” (piccole catapulte). Nel 1864 fu alienata a privati. Nel 1998, dopo il vincolo storico-monumentale del Ministero dei Beni Culturali, è stata acquisita dal Comune, restaurata e restituita alla collettività. È sede di Museo (Museo Cantina dedicato alla pesca, Museo Vivo con le opere di pittori e scultori come Ugo Marano, e Museo multimediale Meta) e vi si svolgono mostre ed eventi culturali.

Vicina al mare e nel cuore dei cetaresi sorge la chiesa parrocchiale di San Pietro apostolo, il santo patrono.

Edificata nel 988, ristrutturata nel XVIII secolo, ha l’interno barocco, il campanile duecentesco a bifore, è sovrastata da un’imponente cupola maiolicata, uno degli emblemi di Cetara. All’interno è custodita la statua lignea dell’apostolo Pietro realizzata tra il 1712 e il 1721 e attribuita alla scuola del napoletano Giacomo Colombo. La chiesa di San Francesco d’Assisi risale al 1585: di rilievo la volta nella quale si staglia l’affresco sul “Giudizio universale”. Nella parte alta del paese ci s’imbatte nella piccola chiesa di Santa Maria di Costantinopoli dove è custodita la statua della Beata Vergine Maria Madre e Mediatrice di Grazia.

Un simbolo di Cetara è la festa del santo patrono Pietro che si tiene il 29 giugno, dopo la solenne celebrazione del 22 febbraio e l’alzata del panno con la benedizione del mare da parte del patrono del 19 giugno. La mattinata del 29 giugno è scandita dal solenne pontificale; nel pomeriggio si snoda la processione lungo le vie del paese: il corteo è aperto da alcune donne scalze che portano grossi ceri devozionali. In serata lo spettacolo di fuochi pirotecnici seguiti tra sospiri e boati d’ammirazione da migliaia di persone, molte delle quali a bordo di imbarcazioni.

Un secolare rito rivive ogni anno da mezzo secolo grazie a una manifestazione promossa dal Comune di Cetara e dalla Pro Loco di Cetara-Costa d’Amalfi. Si chiama “Le notti delle lampare” e si tiene a luglio in una notte di Luna piena.

Turisti e visitatori a bordo di traghetti rivivono tutte le fasi di questa antica e caratteristica pesca immersi nello splendido scenario notturno della Costiera illuminato solo dalle lampare. Al ritorno le lampare vengono lasciate accese nella baia di Cetara mentre sulla spiaggia si degustano piatti a base di alici e pesce azzurro con il sottofondo di musica popolare.

La pesca, e tutte le attività collegate ad essa, fanno da traino all’economia locale. La rete inizia dal mare, dalle reti dei pescatori artigianali e dalle tonnare nelle quali si impigliano alici e tonno, la materia prima. Passa poi per la vendita del pesce fresco e si coniuga con la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti e tra questi c’è la regina, la “Colatura d’alici di Cetara” che nel 2020 ha ricevuto il riconoscimento Dop, cioè la certificazione di Denominazione d’origine protetta, tutela di rango europeo. La filiera si alimenta con i ristoranti e le trattorie che sulle proprie tavole presentano menù con prodotti a “costo zero” e con il turismo enogastronomico.

E se le alici e la colatura sono l’oro blu di Cetara, il limone è l’oro giallo di questo borgo nel quale da alcuni anni in estate si svolge una manifestazione intitolata “Le giornate dell’oro giallo”.

Sui terrazzamenti ricavati tra i pendii del monte Falerio si coltiva in particolare il classico limone della Costiera, lo Sfusato Amalfitano Igp, che trova il suo clima ideale per continuare a offrire una qualità e una fragranza che lo rende riconoscibile a livello internazionale.